Il Napoli, Mancini e le spine vere

Spuntano due spine dallo scettro di questo primato. Piccole lame che, col passare delle ore, cominciano a dare fastidio al Napoli e a quanti ne sostengono la giusta causa. La prima è la spruzzata di acido che si sta spargendo sulla capolista del momento. Se ne fa interprete Roberto Mancini che non ammette la sconfitta, oscurando la buona prova della sua squadra, e si dimostra quello che è: una persona che parla, parla e non trova mai qualcosa da dire. Se non piccoli vacui strepiti, come l’accanimento mediatico che ha messo in atto su quella doppia ammonizione di Nagatomo. Una polemica che somiglia più a un deserto mentale che a un dibattito sull’arbitraggio. Ma tant’è, occupiamoci dell’altra, più importante, spina che s’è poggiata sull'ultimo gradino della paura, quel timore o quel “braccino corto” che nel finale con l’Inter ha messo a rischio il risultato. Premesso che il Napoli di oggi è il meglio che si possa vedere in giro e che, fatto determinante, ne sono convinti soprattutto gli interpreti, c’è da sottolineare che, scesa la scala dei timori quasi fino in fondo, ormai in cantina, la Sarri band non ha trovato l'interruttore che accende la luce e dunque se stessa. Ecco, ora bisogna mettere insieme l'orgoglio, l'energia e la fiducia in se stessi, ovvero tutto ciò che serve a vincere una partita e che, ieri, poteva e doveva solo far sua e che così dovrà essere in futuro. Ci riuscirà? Fidiamo nella saggezza di Sarri che sa ripartire dagli errori e dai sui suoi insegnamenti, magari non facendo mancare nulla alle coronarie dei tifosi da sempre abituati alle tachicardie, se non agli infarti calcistici. Mettendoli in salvo grazie a quel cosettino triangolare del quale si omette il nome per ovvi motivi. E speriamo che questo “braccino”, o come volete chiamarlo, non pesi, più soprattutto nel giorno dell'eventuale ordalia per  – lo dico? Lo dico? Lo dico...– lo scudetto.

 

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