Un suicidio assistito

Pareggio assistito, ma sarebbe meglio accennare ad una stagione sul baratro. Da settimane il Napoli con sé non porta altro che questo. E poi i fischi, il malessere, le delusioni.
I tifosi. Già, i tifosi, purtroppo ora rappresentati da un nugolo di loro, che sostiene chi lo sostiene, un po’ di gente impegnata a fischiare ed insultare i calciatori cosiddetti referenti della ribellione. Anche loro, ovviamente, intenti nella demolizione di quello che fu il bel Napoli. Tutti (Adl e figli, squadra, allenatore e parte del pubblico) pronti a buttar via bambino ed acqua sporca. Tutti presi a fornire quell’aiuto che si dà a chi non ce la fa più, al proprio Napoli che già di suo ha deciso di soccombere. Si sta attraversando un periodo caotico. Non proprio “buio”, perché ogni tanto un lampo si vede. Ma è caotico. C’è un momento in cui la grande squadra diventa la foresta impenetrabile, e non si vedono più le stelle.
É successo col Genoa, ma è accaduto altre volte. E, sempre, s’è provato a dissimulare. Sino a ricorrere all’epica più corriva, con incipit liceali scritti a tavolino.
E, come in numerose gare, anche la partita col Genoa ha, purtroppo, portato più brutte che buone notizie.
La gelida cronaca recita: nei 45’ iniziali un solo tiro nello specchio della porta avversaria. Napoli contratto e impaurito, che non cerca l’uno contro uno per paura di sbagliare e per timore di essere bersagliato  da accuse e peggio altro.
Squadra scolastica senza vena,  con la stizza di sparigliare, con la tremarella addosso, quella di non riuscire più a trovare una giocata di qualità. Il paradigma purtroppo diventa il Napoli di Ancelotti, ovvero come abbia gettato nello sgomento parte di una città bellissima, che col calcio vive in allegria, ma che non riesce più a ritrovare il sorriso.

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