La questione coraggio riguarda anche Adl

È un’altra annata di inutili parole, di intenzioni fatue, che svaniscono come soffi.  La progettualità  del Napoli è tutta qui, votata a ribaltare se stessa. Un Napoli sempre più impegnato a distruggere le proprie ambizioni dopo averle coltivate. La malferma partita giocata contro il Verona ne rivela tutte le contraddizioni. Come può un’organizzazione aziendale - che si occupi di calcio o di inscatolare , che so?, pomodori - raggiungere risultati, se è continuamene  dilaniata al suo interno da rapporti precari, spesso addirittura polverizzati. Se il plenipotenziario mette alla porta il suo primo e unico dirigente, mesi prima che il risultato aziendale sia raggiunto. E se questi, invece, di ricucire, strappa. Cosa si può costruire e poi ottenere? Facile leggervi il rapporto Adl-Gattuso. Concluso ieri con un tweet di “licenziamento”.

Poi c’è il Napoli di sempre. La squadra alle prese con l’eterna questione coraggio e che ormai sa solo sfiorare i successi. Diventa imbarazzante sottolineare che, dopo tanti anni e dopo aver acquisito una discreta esperienza, il Napoli continui ad affrontare le partite decisive come se dentro avesse il vuoto pneumatico. E questo dipende dai giocatori, non dall’allenatore. Puoi cambiarne quanti ne vuoi di tecnici, ma se non si possiede l’istinto della prestazione decisiva. Se, sul più bello, si perde la ferocia agonistica, significa che il Napoli resterà sempre una squadra sbarbina.

Che fare? Proviamo a sollevare gli occhi dal piccolo pollaio azzurro e invitiamo - stavolta e per sempre - Adl a guardare oltre, a modernizzare e strutturare con coraggio ho il suo progetto. Perché oggi, dopo aver perso la zona Champions, questo Napoli corre il rischio di vedere ridimensionato per sempre il proprio futuro.

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