Gli applausi non sono mai arrivati, invece si sono fatti i vivi i fantasmi di una stagione, figlia della precedente; ombre lunghe materializzatesi nell’ultima possibile data del riscatto: 31 maggio 2015, ovvero il fallimento di un’idea di Napoli, di un progetto forse mai nato due anni fa e spentosi oggi. Della partita non parleremo, perché sarebbe come bagnare di aceto le ferite della gente del Napoli, l’unica degna di raggiungere la zona Champions. Il resto è rabbia, amarezza e delusione. Ecco perché bisogna fare luce su questo porto delle nebbie che è il pianeta azzurro dell’ultimo biennio.
In due anni con Benitez, il Napoli ha conquistato una Coppa Italia e una Supercoppa italiana, risultati sportivi ed economici piuttosto deboli, se non deficitari, per il prodotto Napoli-squadra e per quanti sono stati i milioni investiti sul mercato dal 2013 a oggi. Nelle varie sessioni di campagna acquisti, sono usciti, dalle casse del club, 132 milioni di euro. E, in questo conto finanziario, tocca menzionare pure le banconote per lo staff tecnico, Benitez incluso: nove milioni, al netto delle tasse che superano l’aliquota del 40 per cento. Il nostro ex allenatore, il caro leader Rafa accordatosi da più di un mese col Real Madrid, è stato, fino al ritorno di Mancini in serie A, l’allenatore più pagato d’Italia. Peggio di lui sono stati trattati solo Garcia con 2,8 ed Allegri con 2,4 milioni l’anno. Tuttavia gli obiettivi sportivi e finanziari dei rispettivi club (Roma e Juventus) sono stati certamente più remunerativi di quelli napoletani.
Andiamo in profondità. E non è difficile spulciare sino in fondo tra le cifre dei bilanci partenopei. Cominciamo dalla missione aziendale: era una e manifesta (basta leggere tra le righe della nota del cda). Avvicinare la Juventus nella possibile contesa scudetto, ciò dopo il secondo posto conquistato dalla Mazzarri band. Obiettivo legittimo, ma strategia per attuarlo molto discutibile: dopo un accordo allenatore-presidente viene smantellata, con un’operazione chirurgica, la squadra diventata vice-campione d’Italia. Nella sessione di mercato escono dalle casse del club 87,5 milioni di euro per portare sotto il danaroso tetto azzurro ben dieci calciatori. Più che uno shopping estivo diventa uno scialacquare continuo. Juventus e Roma, con gli arrivi di Pogba, Tevez e Strootman, danno fondo al portafogli, rispettivamente con appena 43,5 milioni e 55 più spiccioli. Ma non finisce qui, a gennaio il prodigo Napoli compra altri tre giocatori, mettendo sul piatto 14 milioni. Gli altri due competiror se la cavano con poco più di quattro milioni in due. Tuttavia gli investimenti di De Laurentiis non si trasformano in oro, tutt’altro. Rispetto alla precedente stagione, il Napoli scala di un posto in classifica: terzo anziché secondo e Champions rimandata al turno preliminare. Ci si consola o si fa festa, a secondo del metro di valutazione, con la Coppa Italia. Il primo anno di Benitez si chiude con un terzo posto, una Coppa Italia e con il record di gol segnati in una stagione (104). Tutto sembrerebbe far pensare a un ulteriore passo in avanti, ma così non sarà. Si esce a testa bassa dal turno preliminare per un’ingloriosa eliminazione a opera dell’Atletico Bilbao, che pochi giorni fa ha terminato la Liga spagnola al settimo posto, non centrando neppure l’Europa League. Il crac europeo incide sui guadagni del Napoli con un ammanco di circa trenta milioni. La campagna di potenziamento continuerà, ma con un profilo più basso: invece di Gonalons e Mascherano arrivano De Guzman, Koulibaly e Lopez. Per un totale di una ventina di milioni, De Laurentiis ne incassa, però, sedici dopo aver dato via Dzemaili, Behrami, Pandev e Fernandez. Anche Juvenutus e Roma, nonostante gli importanti target da centrare, si tengono basse: 33,2 milioni, contro 13,3 dalle cessioni, mentre i giallorossi di Garcia spendono 49,75 milioni, dopo averne messi a riserva 34.
La corsa agli acquisti nel Napoli non si placa nella sessione invernale. Ed ecco altri quattordici milioni per Strinic e Gabbiadini. Spesa senza risultati, visto che la Juventus fa razzie con scudetto, coppa Italia e finale di Champions. Ben poca cosa diventa la Supercoppa che perde col Napoli nella partita unica a Doha.
Veniamo ai giorni nostri e tracciamo la riga sotto questo default a metà tra lo sportivo e il contabile. Che aggiungere? I titoli calcistici sono quasi simili a quelli del prima di Benitez. Cambia e di molto la scena sugli investimenti effettuati: 133 milioni, così tanto danaro mai era uscito dalle casse del club nell’era De Laurentiis. Cos’è stato questo quinto posto finale? Un fallimento o una delusione? S’è rivelato un profondo dissesto, che porta con se una cambiale di 40 e passa milioni. Inciderà sui prossimi piani di rafforzamento. Insomma, niente più gioiellerie, soltanto buone ed economiche botteghe orafe. Ma, almeno si spera, con una nuova missione: per la quale occorreranno serietà della gestione, accurata scelta di quel poco di management che vedremo all’opera e patrimonializzazione di idee sane, aspettando non Godot, bensì nuovi, diversi e importanti risultati.