Da Sacchi a Sarri, il Napoli ha trovato la sua identità. In attesa di diventare Grande

Avete idea qual era lo schema dell’Argentina campione del mondo a Messico ’86? “Palla a Maradona”. Ogni azione dell’Argentina passava dai piedi del Pibe de Oro, anzi il Re Mida del calcio; il suo sinistro era capace di trasformare in oro qualsiasi pallone (sporco) gli venisse passato dai suoi compagni. Un esempio? L’assist per Burruchaga per il 3-2 in finale contro la Germania: una palla in verticale ad infrangere il muro della difesa tedesca e con essa anche i suoi sogni mondiali. Sappiamo tutti come andò a finire quel pomeriggio del 29 giugno a Città del Messico. Un anno dopo, toccò ai napoletani far festa. Maradona riuscì laddove nessuno era mai riuscito: portare lo Scudetto a Napoli strappandolo all’egemonia delle superpotenze del nord quali Juventus, Inter e Milan. Dal 1987 in poi, infatti, a dettar legge, pardon calcio, in Italia e in Europa è stato soprattutto il Milan di Arrigo Sacchi. Mai scommessa fu più vinta dal presidente Berlusconi che si affidò al tecnico di Fusignano resistendo alle pressioni ed allo scetticismo di una piazza desiderosa di tornare a vincere come quella rossonera. 4-4-2, cura della fase difensiva e pressing a centrocampo, il marchio di fabbrica del suo Milan. Un manuale del calcio aperto sul rettangolo verde che Maurizio Sarri ha imparato a memoria.

L’ultima sfida ai rossoneri che ha visto il Napoli schiacciare l’avversario offre un’interessante cartina di tornasole dell’idea di calcio tanto ricercata e finalmente trovata da Sarri in questi primi tre mesi all’ombra del Vesuvio. Basta guardare al primo gol degli azzurri firmato da Allan. Il pressing alto del Napoli consente ad Hamsik di recuperare palla già sulla trequarti sfruttando anche il rilancio ad occhi chiusi di Zapata. Passaggio ad Insigne che alza la testa e serve Allan che davanti alla porta mostra la freddezza di un attaccante insaccando il pallone alle spalle di Diego Lopez. Nell’occasione, il centrocampista brasiliano è bravo a farsi trovare pronto nello spazio lasciato libero da Callejon che nel 4-3-3 varato da Sarri preferisce starsene di più sulla fascia, da dove si sta mettendo in mostra in qualità di assist man. Il secondo spunto è offerto dal terzo gol degli azzurri segnato da Insigne arrivato dopo ben 17 passaggi consecutivi nella metà campo del Milan. Un fraseggio preciso e rapido con improvvise verticalizzazioni. Tutta la squadra è coinvolta, dai difensori agli attaccanti passando per il terzetto di centrocampo costruito sulla regia di Jorginho, il dinamismo di Allan e l’estro di Marek Hamsik. E’ la seconda volta che il Napoli di Sarri mette in mostra quello che possiamo definirlo un vero e proprio marchio di fabbrica. Contro la Lazio al San Paolo, prima del gol di Allan (all’ennesimo inserimento) i passaggi consecutivi furono più di venti. Senza dimenticare l’attenzione riservata alla fase difensiva con un solo gol subìto nelle ultime sei partite.

Cosa manca allora a questo Napoli di Sarri per emulare il Milan di Sacchi? “Acquisire la fatidica mentalità vincente, è Lei che ti permette di vincere i campionati ed alzare trofei”, parola del profeta di Frusignano. Lei è quella che ti permette di vincere le partite giocate maluccio, che ti permette di affrontare senza patemi il Carpi e di riuscire a metterla dentro alla prima occasione utile.  E’ Lei a fare la differenza.

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