A un passo dal cielo

L’altra impresa, dopo il campionato meraviglioso del Napoli, è trovare una sintesi per infilarci dentro tutto il bello e il meno bello di questa cavalcata ventre a terra. Perché se oggi celebriamo il secondo posto e chi lo ha reso possibile, non possiamo nascondere che se non ci fossero stati angoli grigi, la grande bellezza di questo Napoli non si sarebbe manifestata.  È l’effetto delle contraddizioni. Cominciamo dalle perplessità che accompagnavano quest’estate l’avventura di Maurizio Sarri. Inutile negarlo, c’era scetticismo dappertutto. Forse anche nel club. Ebbene, se questi sospetti sono sfumati quasi subito – dopo i tre risultati negativi d’inizio stagione - , se il Napoli oggi è la rivelazione di questo anno del calcio, se Higuain ora è la stella che guida questo universo azzurro, i meriti cominciano da Sarri. Sì, perché il Napoli è lassù giocando bene per sé, per i suoi e per tutti. E questo non è poco: chiunque spera di vincere e giocare bene. Pochi ci riescono. Ogni atomo del Napoli vincente è stato bellezza, anche nei momenti più ruvidi e grezzi, bellezza nella velocità, bellezza nella forza e nella corsa, bellezza nel complicato palleggio, bellezza persino nella destrezza necessaria a scansare i colpi che non sono mancati: perché la bellezza è anche cattiveria, agguato, o almeno può esserlo. La bellezza, nel calcio, non è la fredda teca di un museo, è  gioco che pulsa e talvolta comanda l’istinto. La bellezza, se fa spettacolo, è pure in certe sconfitte. Tuttavia queste lasciano segni profondi e indelebili, soprattutto, se a volte rilevano il rammarico per qualcosa di appena sfiorato e non raggiunto, tipo l’aver vinto il campionato d’inverno e aver perso tutti i set a disposizione per vincere lo scudetto. Al contrario il pensiero dominante è che il secondo posto sia comunque un fantastico traguardo. Ed è successo questo nella notte dei desideri e dell'orgoglio napoletano ritrovato, ora dentro quelle maglie pulsa di nuovo una squadra, e non solo perché ha inseguito sin quando ha potuto la Juve. Non succedeva da una vita. È un battito ritmico, come un martello su una lastra, si sente un'eco di officina e questo, a Napoli, fa molto storia.  Perché squadra e club possono crescere ancora. Hanno messo il tempo ragionevole per tornare fin qui: è stato un cammino palpitante: dalla C alle incertezze di qualche stagione buttata via, la ruota degli allenatori, i due posti avvilenti: sesto e dodicesimo. Ma adesso si capisce che il sangue in quelle vene è tornato a scorrere, ed è bollente, incandescente come lava del Vesuvio ardente che penetra nel ventre di una grande città di mare e anche di calcio. Ormai a un passo dal cielo.

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