Quando ci dicevi "Ti amo"

Faccio una piccola premessa: il lavoro di chi scrive e vuole farlo di mestiere è molto complicato, soprattutto per chi vuole diventare giornalista sportivo. Molto spesso si devono mettere da parte le emozioni e non è semplice farlo, ma per una volta ho voluto fare uno strappo alla regola. Ho provato a personificare Napoli per quanto riguarda la storia di Higuain, alimentandolo con le emozioni della piazza di queste ultime ore. Sarà una sorta di lettera che probabilmente non arriverà mai al diretto interessato, però qualcosa mi spingeva a farlo:

Mi ricordo quando arrivasti all’aeroporto di Fiumicino, a Roma, in quella estate del 2013. Poco prima avevamo salutato un altro attaccante sudamericano che non era argentino come te, ma uruguayano ed era volato a Parigi. La prima cosa che ti cantai fu un coro, per me molto significativo: “Intervengo da Torino, ha segnato Higuain”. Torino. Quanto destino in un semplice ritornello di speranza ed esortazione, cantato in un momento di gioia e spensieratezza. Quell’anno, insieme alla guida dell’ispanico Benitez, promettevate le stelle che purtroppo abbiamo solo visto e sfiorato con la punta delle dita. Quell’unico anno di notti da Champions non potrò mai dimenticarle dove segnavi alle corazzate come Borussia Dortumund, Arsenal e alla modesta Marsiglia. In quelle sere abbiamo gioito insieme, ma abbiamo anche pianto quando uscimmo dalla grande Europa con 12 punti, come un pugile che ha dato pugni all’avversario di turno per tutti i round senza mai cadere, però lo stesso non gli è bastato per guadagnarsi la vittoria. Volevamo lo scudetto già nel primo anno, ma ci accontentammo del terzo posto e ci promettemmo di riprovarci ancora. Forse in quella prima stagione non ci eravamo ancora innamorati, ma ci piacevamo e il fatidico “Ti amo” sarebbe arrivato prima o poi. Però in quel secondo anno in cui dovevamo consacrarci, è arrivata un’improvvisa crisi. Nell’Europa dei grandi non ci siamo arrivati e anche lì avevi dato tutto, ma quella stagione è stata segnata da incomprensioni, incertezze e abbiamo visto trionfare di nuovo quelli che per noi sono gli “avversari da battere”, gli uomini con la divisa in bianco e nera. Abbiamo avuto, però, la soddisfazione di togliergli un trofeo in una calda notte in Qatar, quando guidasti per la prima volta i tuoi compagni alla conquista di un titolo con la tua “garra” argentina e lì ci siamo forse innamorati, ma non è bastato a superare la crisi. Quando ti affidammo l’ultimo compito dell’anno, ovvero riportarci ancora nell’Europa che conta contro la Lazio, dopo due gol e dinanzi al piccolo cerchio bianco dipinto sull’erba, calciasti il pallone alle stelle con tutti quei pochi sogni di speranza rimasti nei nostri cuori. Lo ripetesti qualche mese dopo con la tua Argentina e capimmo che qualcosa non andava, arrivando quasi al punto di volerci allontanare, ma un grosso uomo toscano con gli occhiali, con indosso una tuta come divisa di ordinanza e tra le labbra una sigaretta accesa, ti parlava di progetti tecnici con un tono da padre nei confronti di un figlio e ti diceva: <<Rimani con noi e vedrai cosa faremo>>. Quando tutto sembrava ormai irrecuperabile tra di noi, con una nuova stagione dall’inizio poco promettente, abbiamo incominciato a battere gli avversari che si ponevano sulla nostra strada e uno dopo l’altro siamo arrivati a credere nello scudetto. Per un volta la Juventus aveva paura di noi e con un giocatore dalle tue qualità era possibile anche credere di conquistare il cielo con le sue infinite stelle, ma quel sogno finì proprio a Torino in uno sfortunato gol allo scadere e quando a Udine ti disperasti per un’espulsione tutt’altro che giusta, noi stavamo versando sul nostro viso lacrime amare e piene di dolore davanti alla televisione. Però in quel fiume di emozioni ci siamo innamorati e dopo quella tua fantastica partita contro il Genoa, sei venuto sotto il “balcone” e ci dicesti: “Ti amo e voglio restare qui”. Dopo 36 perle, in particolar modo l’ultima, ci eravamo promessi di rivederci in Trentino e riprovarci ancora una volta, con più convinzione e con la voglia di vincere, ma qualcosa non ha più funzionato. Hai detto che non ci volevi più tramite tuo fratello e hai preferito a noi quella squadra alla quale volevamo porre fine la loro cavalcata interminabile, un po’ come una ragazza che va dal ragazzo con il quale non vogliamo parlare. Come ti cantai nel ritornello nel nostro primo incontro, Torino entra nel tuo destino per tua volontà e per noi sarà insopportabile vederti con quei colori che non ci appartengono, anzi ci chiederemo cosa sia potuto succedere per farti andare via. Non ti potrò più chiedere gol, grandi imprese o quel tango di movimenti che incantava chi ti guardava. Non vedrò più quella rabbia e quel modo di “maltrattare” il pallone nella porta avversaria. Forse a 29 anni volevi provare a vincere qualcosa di più di un “semplice” scudetto oppure aggiungere qualche cifra nel tuo stipendio mensile, però una cosa ancora potrai fare, più per te che per noi: quando ritornerai per affrontarci, non alzare lo sguardo verso quella curva perché non troverai più qualcuno che ti ama, soltanto gli insulti di chi era innamorato di te e adesso ha il cuore ferito per comprendere le tue scelte. Però, guardandoti con quei colori, forse nel fiume della nostra rabbia ci chiederemo perché venivi sotto alla curva e cantavi con noi, dicendoci che saresti rimasto”.  

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