L'idolo mai consacrato

Ieri sera è come se tutti avessimo avuto un dejà-vu, qualcosa già visto o accaduto e che si ripetesse nella nostra memoria. Anzi, due. Chi era davanti allo schermo e stava vedendo Milan-Juventus, non ha potuto fare a meno di ricordarsi del rigore sbagliato contro la Lazio cinque anni fa di Higuain o l’espulsione contro l’Udinese che infranse i sogni di un popolo, raccolti in quella rabbia disperata accompagnata dalle lacrime amare dell’argentino, ripetutosi ieri sera. Gonzalo, che fine è la tua? Certo, a chi non piacerebbe la vita di un calciatore di Serie A in una squadra di livello, stipendio pesante assicurato ad ogni mese e non avere il problema di contare i centesimi per pagare tasse e bollette, però il calcio ci piace vederlo romantico, una via di fuga dalla realtà e nel quale speriamo che i nostri sogni, di lotta e di riscatto, si possano realizzare, avere qualcuno che rappresenti le anime speranzose nel vedere un pallone superare la linea di porta. Un idolo per farla semplice. È inutile negare che quattro anni fa il nostro si chiamava Gonzalo, argentino arrivato da Madrid con la stimmate del bomber da scudetto e pronti a dargli il posto al fianco di Maradona, convinti di poter avere quella cosa innominabile grazie a lui e alla guida di Sarri, il rivoluzionario toscano che ci è andato vicino anche senza di lui (in realtà anche senza una punta per due anni), ma il giocattolo si è rotto sul più bello, anzi lo ha rotto con un tradimento delle migliori fiction moderne, senza aspettartelo. Cosa pesa di più della storia? Quella di come si vince o con chi si vince? Pesa più la seconda e forse ieri sera lo ha capito anche Gonzalo. Vincere con i più forti non ti rende altrettanto, anzi sulla coscienza di Higuain pesano due Coppe America non conquistate da assoluto favorito e un Mondiale che lo avrebbe definitivamente consacrato tra gli attaccanti più forti di sempre, ma per esserlo non bastano solo i piedi. Non possono bastare 90’, ci vuole anche la testa, la forza di dominare le emozioni per poter essere i campioni in campo, altrimenti ti mangiano il cuore e la tua fama vacilla, piano piano per poi vederti come comuni mortali che giocano a pallone, ovviamente con le dovute misure. Dottor Jekyll e Mister Hyde. Per un attimo campione e poco dopo un essere umano, ma nell’Olimpo dei grandi pochi sopravvivono e alla Juventus lo hanno sacrificato all’altare del bilancio per permettersi il più forte di tutti, colui che al Milan gli ha levato la speranza della gioia e ad Higuain il cielo per essere la stella in una notte si speranza per i rossoneri. Di una cosa posso essere certo ed è anche banale: se Gonzalo avesse voluto scrivere una delle pagine più belle del calcio italiano e della sua vita, non avrebbe sacrificato l’azzurro per il bianconero, ma dinanzi all’ambizione da realizzare, gli umani cedono e invece chi desidera l’eterna gloria, sa di non doversi accontentare della semplicità. Sei umano Gonzalo e noi che eravamo pronti a metterti al fianco di chi non ha mai ceduto alla semplicità (in campo e in vita), abbiamo scoperto che invece ti bastava quella, nell’essere con i più forti e non con chi voleva rovesciarli, dell'umano al quale va bene così, non gli serve la storia, basta esserci nell'attimo del presente. Ma il prezzo per starci era alto e mentre a noi sarebbe bastato il tuo cuore, perché a Napoli veramente questo serve per essere ricordato, a loro invece no e ti hanno presentato il conto, indicandoti senza spiegazioni quale è l’uscita, però tu lo sai. “Così fu quell'amore dal mancato finale così splendido e vero da potervi ingannare” cantava Fabrizio De André che ancora oggi detta ancora molto delle nostre vite. Questo sei stato Gonzalo e potevi essere "come Dio passato alla storia" (Si chiamava Gesù, sempre di De André)

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