La sindrome del Napoli

Dopo la disfatta contro la Roma, per Sarri e compagnia è arrivato il momento di incominciare a guardarsi dentro, capire cosa non sta andando in questo finale di campionato che potrebbe essere compromesso del tutto con una semplice distrazione nelle prossime tre partite. Dopo aver sbollito la rabbia, ho pensato e ripensato cosa fosse andato male nella trasferta nella capitale: Poco convincenti in attacco? assolutamente no, Higuain ha fatto a sportellate con tutti, ma non c'è stato verso di segnare a Szczęsny.  La difesa poco solida? neanche, Koulibaly era stato una montagna e Albiol preciso nelle sue uscite, soprattutto su El Shaarawy sul quale ha recuperato la posizione e respinto un gol quasi scritto dopo esserselo perso inizialmente. Allora il centrocampo? Ni, perché è vero che nel primo tempo Hamsik è stato insufficiente e Jorginho poco preciso ma non troppo, però si sono ripresi in un secondo tempo nel quale hanno sudato e si sono fatti vedere. Ma allora cosa è macato agli azzurri? La mentalità da squadra vincente, una cosa fondamentale se vuoi stare nel calcio che conta, perché diciamoci la verità: si, il Napoli è stato ed è tutt'ora bello, ha costruito una squadra che può tranquillamente competere in alta classifica, ma si perde nelle partite decisive e questo non se lo può assolutamente permettere se vuole riconquistare lo scudetto, a maggior ragione dopo anni di anonimato, fallimenti e dolori. Il gol di Nainggolan mi ha ricordato molto quello di Zaza contro la Juve, non per la dinamica ma bensì per il momento: pochi minuti al termine della partita, il Napoli decide di accontentarsi del pareggio, perché gli atteggiamenti sono quelli e su questo poco ci piove, ed ecco che arriva il gol della disfatta degli azzurri e di dolore dei tifosi. Io penso che il Napoli possa veramente soffrire di una sindrome o una patologia che a pochi minuti dalla fine della gara, subentra un blocco psicologico, qualcosa di ispiegabile. Ma poi io mi chiedo una cosa: perché Insigne e Mertens, invece di giocare il pallone, provare a darla a qualche compagno di reparto e sperare nel gol, provano il tiro dalla distanza e vederlo spegnersi sopra la traversa. Perché tanta fretta? perché non ragionare prima, guardarsi intorno ed eventualmente optare per la conclusione personale? Ora, è vero che questo Napoli ha fatto una stagione sorprendente, ha giocato un gran calcio e ha sorpeso tutti, ma questa squadra e Sarri, al di là del risultato finale di questa stagione, devono capire solo una cosa: l'obiettivo è la vittoria, i tre punti sono quelli che veramente contano, ma il pareggio deve essere una condizione, un risultato quasi forzato e non un obiettivo o una consolazione quando si affrontano le grandi, perché le squadre che vogliono vincere giocano, altrimenti non si conquisterà mai quello scudetto tanto agognato e le basi per fare bene ci sono tutte per l'anno prossimo. Forse per una volta Sarri dovrà spogliarsi del ruolo di maestro del calcio e indossare quelli da motivatore, se no questo Napoli sarà un capolavoro incompiuto e non sarebbe giusto dopo tanto lavoro.

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