16/09/87: la mia notte "blanca" con El Buitre e Dieguito

Una tantum che ci coinvolge personalmente per un amarcord dedicato a Real Madrid-Napoli di trent’anni fa. Preceduto da tante scuse per chi, di quell’ingresso del Napoli dalla porta principale nell’Olimpo del calcio internazionale, proprio non c’era e magari ne ha sentito il racconto dai tifosi più anziani. E un grazie per l’ospitalità a un collega perfetto padrone di casa, il fraterno amico Toni Iavarone.

Il primo pensiero, andando indietro a scavare nella memoria, va a Ciccio Degni, a Peppone Pacileo, a Vittorio Raio, allora compagni di viaggio, che forse raccontano quell’avventura a qualche angelo di fede napoletana. E a Sergio de Vita, indimenticato tour operator sempre caro nella memoria. Era il figlio di Alessandro dalle mani d’acciaio, per una vita magazziniere del Napoli, dal quale aveva ereditato già nel Dna l’amore per la squadra azzurra. Perdonateci qualche eventuale omissione tra chi c’era e chi non c’era.

A capo della pattuglia c’era Degni, non per voto ma per simpatia. De Vita aveva sistemato la pattuglia in un grande albergo a cinquecento metri dal Bernabeu, lo stesso albergo  abitato da Leo Beennaker, l’allenatore pagatissimo dei Blancos, insieme al quale, per caso, tornammo in albergo due ore dopo la fine della partita. Ma andiamo alla scoperta del Bernabeu dopo la toccata in mattinata, su invito della società, a lucidarci gli occhi nel museo del Real, una ricchezza di trofei di ogni tipo e provenienza.

La partita era a porte chiuse per la squalifica del campo, ammessi soltanto aglI addetti ai lavori rigorosamente selezionati e  messi a sedere nei posti assegnati in una tribuna stampa enorme nella quale i giornalisti formavano a stento una piccola macchia. A rappresentare i tifosi napoletani ci aveva pensato il “maresciallo “ Nando Pennino, storico ristoratore di piazza Sannazaro. Privo di credenziali era riuscito a entrare con uno stratagemma mai seriamente rivelato.

Orario per andare al night, aveva detto Giordano riferendosi a quello per la gara, le 21,45.

Stadio proibito, ma non c’era proibizione per gruppi di tifosi spagnoli che, a bordo di auto munite di altoparlanti, facevano il carosello intorno al maestoso impianto, diffondendo marce da  plaza de toros alternate , indisturbati,cori pro Real e insulti a Napoli:mafiosi, mafiosi…

Avvertiti dalle radio, poi, nel corso della gara si incattivivano appena il Napoli tentava di reagire alla potenza della squadra guidata dall’avvoltoio, al secolo Butragueno, avviata, anche con l’aiuto dell’ignobile arbitro rumeno Igna, verso il 2-0 della vittoria sulla squadra che aveva vinto alla grande il suo primo scudetto, non da molto, e guidata da Re Diego.

La pattuglia aveva dimenticato la spigola al sale della colazione inaspettatamente offerta da Ferlaino nel miglior ristorante madrileno intorno alle 14. Anche l’insuperato addetto stampa del Napoli, il campianto Carletto Juliano, aveva dimenticato quanto occorsogli in pattinata a Plaza del Sol; lì, molto incautamente, non aveva resistito alla curiosità e si era fermato cinque minuti a provare l’emozione delle tre carte offerta da un madrileno. Dopo aver provato a puntare sulla carta vincente poche pesetas, cedendo alle insistenze di noi colleghi di Napoli, stava raggiungendoci quando un provetto “empujador” lo spinse artatamente per sfilargli il portafoglio. Ci dissero che di mestiere faceva proprio lo “spintonatore”e lavorava anche per il Comune di Madrid che lo chiamava a spingere la folla nelle ore di punta dei treni della metropolitana per permettere un più veloce avvicinamento della folla ai treni.

Nell’affollata conferenza di fine gara riuscimmo – e fu un colpo di fortuna – a intervistare Butragueno utilizzando un piccolo registratore che ci accompagnava. Disse mirabilie di Maradona, di Carnevale, di Giordano, augurandosi di rivedere il Napoli di nuovo al Bernabeu. Trent’anni dopo rivedrà, dalla poltroncina riservata ai dirigenti della sua vecchia squadra, un altro Napoli e cioè non più Maradonadipendente ma un piccolo gioiello di meccanismi tattici che fanno geometria raramente praticata in Italia. Da esperto, speriamo ne resti ammirato.

Fermiamoci qui per evitare di precipitare ancora di più nella retorica e nella nostalgia. Al Napoli un “suerte” che esce dal cuore e che la Madonna lo accompagni.

 

 

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